Sovraindebitamento

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SOVRAINDEBITAMENTO

Lo studio si avvale della approfondita conoscenza specifica della materia da parte dell’avv. Paolo Amisano, il quale ha pubblicato le seguenti monografie:
“Sovraindebitamento - La Nuova procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento. Legge n. 3 del 27.01.2012” Editore Fadia, aprile 2012, 
 “Sovraindebitamento del consumatore nella L. 3/2012 e nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: procedure a confronto” Editore La Tribuna, Giugno 2019,
“La riforma del sovraindebitamento L’esdebitazione del sovraindebitato incapiente” Editore La Tribuna, aprile 2021.
L’avv. Paolo Amisano assiste tutti i soggetti che hanno titolo per accedere alle procedure di sovraindebitamento.
Trattasi dei debitori civili, dei professionisti e delle associazioni professionali, delle fondazioni, delle imprese agricole, delle start up innovative, dei consumatori che, per il solo fatto di non poter accedere alle procedure concorsuali previste dalla legge fallimentare, non possono beneficiare degli effetti esdebitatori derivanti dalle procedure stesse.
 
Le procedure da sovraindebitamento in generale 
Sono previste quattro, diverse, procedure, con peculiari caratteristiche che le differenziano tra loro, sia con riferimento alla finalità, che si prefiggono, sia ai soggetti che ne possono chiedere accesso.
Tratto, comune, è rappresentato dal fatto che vengono previste due fasi, una prima – stragiudiziale - ed una seconda, giudiziale.
La prima fase svolge una funzione prodromica, rispetto alla seconda, in quanto è finalizzata a predisporre sia tutta la documentazione da allegare al ricorso introduttivo del giudizio, con particolare riferimento alle relazioni / attestazioni, previste dalla legge, da redigersi, ad opera dell’OCC, sia il piano su cui si fonderà la futura procedura a cui il debitore chiede di essere ammesso.
La seconda fase (che ha inizio su iniziativa del solo debitore, tranne che nella procedura liquidatoria che può essere attivata anche dai creditori e dal PM) è solo eventuale, in quanto verrà attivata, solamente, qualora il debitore decida di attivarsi, con ricorso da depositarsi nella cancelleria del Tribunale competente, onde ottenere l’accesso alla procedura scelta.
Tutte e quattro le procedure prevedono la presenza dell’Organismo di composizione della crisi, l’OCC, che ha funzioni poliedriche, che lo portano ad essere nella fase prodromica: a) organo di controllo, dovendo sia verificare la veridicità ed attendibilità della documentazione a lui sottoposta, sia indagare sulla condotta di vita del debitore, convogliando il risultato da tale attività nelle relazioni che la legge pone a suo carico, da allegarsi all’atto introduttivo del giudizio), b) consulente del debitore, in tutte quelle attività finalizzate alla scelta della procedura, più confacente, agli interessi del predetto e alla individuazione della documentazione da acquisire ed, eventualmente, qualora il debitore ne faccia espressa richiesta, anche di artefice della proposta e del piano o, comunque, di qualsiasi atto funzionale all’accesso alla procedura, c) attestatore sia della veridicità dei dati e dei documenti che stanno alla base della domanda , d) tramite per l’accesso alla procedura da effettuare attraverso il deposto telematico del ricorso introduttivo del giudizio.
Nella fase processuale l’OCC assume, inizialmente, il ruolo di “organo della procedura” in quanto, in veste di ausiliario del Giudice, è chiamato ad effettuare tutte le comunicazioni e tutti quegli altri adempimenti che la legge gli impone. Nella fase esecutiva invece, l’OCC può assumere la veste di “controllore” della corretta gestione della stessa, potendo, in alcuni casi, assumere quella di liquidatore. 
 
Il concordato minore ed artt. da 74 ad 83 C.C.I.
La prima procedura è il “concordato minore” che sostituisce la procedura “di accordo”, modificandola in ogni sua parte. Tratto comune ad entrambe è la previsione di una proposta di ristrutturazione dell’indebitamento, indirizzata ai creditori, fondata su un piano, che può, variamente, articolarsi, anche attraverso una suddivisione dei creditori in classi, e sul quale saranno chiamati a pronunciarsi con un quorum deliberativo ridotto al 50%.
Il piano può prevedere il pagamento, non integrale, dei creditori privilegiati, con derubricazione al chirografo per la parte di credito non soddisfatta, sempre a condizione che l’OCC attesti che, sulla scorta del valore di mercato dei beni, in una – eventuale - procedura liquidatoria, non si possa ottenere una migliore soddisfazione del credito vantato da tali creditori privilegiati.
Legittimati ad accedere alla procedura sopra descritta sono tutti i debitori sovraindebitati (tanto in forma individuale, quanto in forma collettiva) non assoggettabili a liquidazione giudiziale, ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per l’ipotesi di crisi o di insolvenza, con la sola eccezione del consumatore, e può assumere due forme diverse a seconda che preveda la continuità aziendale o professionale ovvero non la preveda.
Nel caso in cui venga prevista la “continuità aziendale o professionale”, il debitore, attingendo a risorse proprie, può effettuare una proposta a contenuto libero, che può prevedere la soddisfazione dei creditori (suddivisibili per classi), con indicazione specifica dei tempi, delle modalità e del trattamento loro riservato.
In tutti gli altri casi, la proposta deve prevedere l’apporto di risorse esterne, tali da aumentare - in modo apprezzabile - la soddisfazione dei creditori.
Si attiva mediante ricorso al Tribunale in composizione monocratica, cui conseguirà, in prima battuta, un giudizio di ammissibilità che sarà legato alla sussistenza dei presupposti di legge e alla assenza delle condizioni personali di inammissibilità. Laddove il Tribunale adito ritenga di ammettere il debitore alla procedura richiesta, verrà data comunicazione ai creditori da parte dell’OCC del decreto di ammissione con allegata la proposta e si passerà alle operazioni di voto. 
I creditori hanno un termine di trenta giorni, dalla ricezione della comunicazione del decreto del Tribunale con cui il debitore viene ammesso alla procedura, per esprimere il loro assenso/dissenso e per effettuare eventuali contestazioni in forma scritta. Vale tuttavia il principio del “silenzio-assenso”, per cui, a differenza del concordato preventivo, ogni voto, non espresso, viene ritenuto come voto favorevole. 
Qualora la proposta ottenga voti favorevoli da parte dei creditori che rappresentano la maggioranza di quelli ammessi al voto, si passa alla fase di omologa, nella quale il Tribunale, verificata sia la fattibilità del piano, nonché il raggiungimento del quorum deliberativo previsto dalla legge, in assenza di contestazioni provvede ad emettere decreto di omologa.
Qualora vengano effettuate contestazioni, da parte dei creditori, o di qualunque terzo interessato, in merito alla convenienza della proposta, il Giudice ha la facoltà di omologare ugualmente il concordato minore “se ritiene che il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria”. 
La contestazione resta l’unico mezzo riservato ai creditori e/o ai terzi interessati, per far rilevare eventuali criticità nella proposta e nel piano, nonché per evidenziare condizioni personali del debitore, ostative alla concessione della omologazione del piano. 
Particolare rilevanza assume la possibilità di neutralizzare l’immobilismo della amministrazione finanziaria che, spesso, con la propria inerzia, impedisce l’omologa del piano concordatario, valutato favorevolmente dai creditori, e tale da rappresentare un indubbio vantaggio rispetto ad una prospettiva liquidatoria. L’art. 80, comma 3, C.C.I., in modo del tutto innovativo, prevede che il Giudice possa omologare il concordato minore, anche in mancanza di adesione dell’amministrazione finanziaria, quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale prevista dalla legge per la sua approvazione, che è pari alla maggioranza dei creditori ammessi al voto.
A tal fine è necessario che risulti, da una specifica relazione, redatta dall’OCC, che la proposta di soddisfacimento effettuata a favore della amministrazione finanziaria è più conveniente rispetto “alla alternativa liquidatoria” e, cioè a quanto sarebbe di sua spettanza qualora, non approvato il concordato minore, il debitore dovesse accedere alla procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato.
Omologato il piano, inizia la fase esecutiva che, di regola, è affidata al debitore sotto la vigilanza dell’OCC al quale viene attribuito il compito di risolvere le difficoltà insorte, con possibilità di rivolgersi al Giudice ogniqualvolta lo ritenga necessario, anche in funzione dell’apertura di una procedura di revoca del concordato.
È possibile prevedere, per ragioni di opportunità, anche se non previsto dalla legge, che il debitore possa, nel piano, prevedere la nomina di un liquidatore; in tal caso la scelta dovrebbe ricadere sull’OCC.
Una volta conclusa la fase esecutiva, spetta all’OCC il compito di predisporre il rendiconto da sottoporre all’approvazione del Giudice.
 
La ristrutturazione dei debiti del consumatore ex artt. da 67 a 73 C.C.I.
La seconda procedura è denominata “ristrutturazione dei debiti del consumatore”.
Si può considerare un “concordato coattivo” in quanto vede i creditori privati del diritto di voto, con attribuzione al Giudice di ogni potere.
Il Tribunale, infatti, qualora ritenga la sussistenza - in capo al debitore - dei presupposti di legge (consumatore sovraindebitato), l’assenza di dolo, colpa grave o malafede in capo al predetto, nonché verificata la fattibilità giuridica ed economica del piano, provvede ad omologarlo.
Il Giudice, se ritiene di ammettere il debitore alla procedura, dispone che l’OCC debba effettuare la comunicazione del decreto di ammissione ai creditori, entro trenta giorni dalla sua pubblicazione e che questi ultimi, nei venti giorni successivi, possano inviare all’OCC osservazioni scritte, non vincolanti per il Giudice, ma idonee ad influire sulla valutazione che verrà data al piano.
Qualora l’OCC, ricevute le osservazioni, verifichi che appare necessario apportare modifiche al piano, potrà intervenire in tal senso. Dovrà convocare il debitore ed all’esito dell’incontro potrà modificare il piano iniziale ed inviare al Giudice, per l’omologa, non più il piano inizialmente depositato nella fase di apertura della procedura, ma il nuovo piano modificato a seguito delle osservazioni dei creditori.
Laddove le osservazioni consistano in una contestazione sul trattamento riservato nel piano al singolo creditore che la ha sollevata, il Giudice ha, comunque, la facoltà ugualmente di omologarlo, ove ritenga che il creditore non possa trovare migliore soddisfazione del proprio credito in un’eventuale procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato.
Anche nella fase esecutiva di tale procedura, l’OCC ha l’obbligo di vigilare sulla condotta del debitore che la gestisce in prima persona, nonché sul pieno rispetto, da parte del predetto degli impegni assunti nel piano, sempre che – per espressa previsione contenuta nel piano – non venga nominato un liquidatore.
Ogni difficoltà che l’OCC non potrà risolvere, analogamente a quanto previsto nel concordato minore, determina in capo ad esso l’obbligo di effettuare una segnalazione al Giudice, cui viene demandato il compito di dirimere le controversie insorte.
 
La liquidazione controllata del sovraindebitato ex artt. 268 ss. C.C.I.
Trattasi di una procedura liquidatoria per alcuni aspetti molto simile alla liquidazione giudiziale.
Essa può essere aperta non solo su iniziativa del debitore (il quale, a tal fine, deve depositare - anche personalmente, senza assistenza di un difensore - un ricorso con allegata una relazione dell’OCC che esponga una valutazione sulla completezza ed attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda illustrando la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore), ma anche dei creditori.
In quest’ultimo caso è necessario tuttavia che risultino, dall’istruttoria, debiti scaduti e non pagati superiori ad € 50.000,00.
La liquidazione porta all’acquisizione di tutto il patrimonio del debitore, con la sola eccezione dei crediti impignorabili, di quelli aventi carattere alimentare e di mantenimento, degli stipendi e pensioni (nei limiti - indicati dal Giudice - di quanto occorre per il mantenimento del debitore e della sua famiglia), i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e quelli non pignorabili ex lege.
La procedura viene aperta con sentenza del Tribunale in composizione collegiale (non più con decreto del Giudice monocratico) con la quale viene nominato il Giudice Delegato ed il liquidatore (nella persona dell’OCC che ha assistito il debitore nella fase prodromica a meno che non debba essere sostituito per giustificati motivi), viene assegnato, ai creditori, un termine, non superiore a sessanta giorni, entro il quale essi, a pena di inammissibilità, devono depositare le loro domande di ammissione al passivo, ovvero le domande di rivendica o restituzione, e viene ordinato altresì al debitore (ciò vale in particolar modo con riferimento alle procedure aperte su iniziativa dei creditori o del PM) di depositare l’elenco dei creditori e le scritture contabili.
L’OCC è chiamato ad effettuare la verifica dei crediti, predisponendo un progetto di stato passivo da sottoporre ai creditori, i quali possono proporre osservazioni.
In assenza di osservazioni, l’OCC forma lo stato passivo; qualora invece vengano formulate osservazioni e le stesse siano ritenute fondate, viene predisposto e sottoposto, ai creditori, un nuovo progetto di stato passivo. Laddove emergano contestazioni non superabili, l’OCC rimette gli atti al Giudice Delegato, il quale provvede alla definitiva formazione dello stato passivo.
Il liquidatore ha l’amministrazione del patrimonio e gestisce la liquidazione seguendo le disposizioni sulla vendita nella procedura di liquidazione giudiziale, per quanto compatibili, per espresso richiamo legislativo.
Particolare importanza assumono i poteri che il liquidatore può esercitare, con l’autorizzazione del Giudice Delegato (ovvero proseguire, ove ve ne siano di pendenti): trattasi delle azioni dirette a far dichiarare l’inefficacia degli atti compiuti dal debitore in pregiudizio ai creditori, autorizzandosi, in tale modo, l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria.
Il controllo e la direzione della procedura resta, comunque sempre affidato al Giudice, il quale ha il compito di approvare sia il rendiconto redatto dal liquidatore (indicando gli atti necessari al compimento della liquidazione, ovvero le rettifiche od integrazioni che debbono essere effettuate qualora non intenda approvarlo), sia i progetti di riparto che dovranno essere comunicati, a cura del liquidatore che li ha predisposti, al debitore ed ai creditori, per le loro eventuali osservazioni e, successivamente, al Giudice.
La procedura si chiude con un decreto con il quale viene autorizzato il liquidatore ad incassare il compenso a suo tempo liquidato a suo favore.
L’esdebitazione opera di diritto in favore del debitore sia persona fisica che impresa collettiva a seguito del decreto di chiusura della procedura, ovvero, anteriormente, su istanza del debitore, decorsi almeno tre anni dall’apertura della stessa e viene dichiarata con decreto, motivato, del Tribunale.
Vengono previste rigide condizioni personali per la concessione di tale beneficio, per cui, ex art. 280 comma 1 C.C.I. ed ex art. 282 C.C.I. può essere esdebitato solo chi:
-    non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, o altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salvo che per essi sia intervenuta la riabilitazione. Se è in corso il procedimento penale per uno di tali reati o v’è stata applicazione di una delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159, il beneficio può essere riconosciuto solo all’esito del relativo procedimento;
-    non abbia distratto l’attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito;
-   non abbia, ostacolato o rallentato lo svolgimento della procedura e abbia fornito agli organi ad essa preposti tutte le informazioni utili e i documenti necessari per il suo buon andamento;
-    non abbia beneficato di altra esdebitazione nei cinque anni precedenti la scadenza del termine per l’esdebitazione;
-    non abbia già beneficiato dell’esdebitazione per due volte.
-   non abbia contratto debiti con frode, dolo o colpa grave, andando in tale modo a prevedere un richiamo a quel concetto di meritevolezza proprio della procedura riservata al consumatore che è condizione, speciale, di inammissibilità al suo accesso, prevista dalla legge.

L’esdebitazione viene collegata unicamente alla “meritevolezza” del debitore, essendo del tutto irrilevante l’aspetto economico finanziario e può essere concessa anche in presenza di riparti irrisori, se non anche assenti, a favore dei creditori.
 
L’esdebitazione del sovraindebitato incapiente ex art. 283 C.C.I.
Ha come destinatari solo quei debitori, persone fisiche, meritevoli, che non siano in grado di proporre ai creditori alcuna utilità, neppure in prospettiva futura e, di conseguenza, non siano in grado di attivare le altre procedure da sovraindebitamento previste dalla legge.
Al debitore “incapiente” – e ciò per una volta sola nella vita - viene concesso, con l’ausilio e per il tramite dell’OCC, di presentare un ricorso al Tribunale in composizione monocratica, rappresentando la propria, personale, condizione di soggetto sovraindebitato non in grado di versare ai propri creditori alcuna utilità (vuoi perché privo di reddito, vuoi in quanto percettore di un reddito appena sufficiente per consentire a se stesso ed alla propria famiglia un tenore di vita decoroso) e chiedere la propria esdebitazione.
A differenza di quanto può apparire da una lettura, superficiale, della norma, l’incapiente non è il solo disoccupato, nullatenente, ma è anche chi è percettore di reddito personale, contenuto in limiti tali da considerarsi, solamente, funzionale alle proprie necessità di vita.
Per l’individuazione dell’incapiente, ai fini della procedura in esame, la legge prevede un meccanismo di calcolo complesso, che tiene conto di alcuni fattori standard, uniformi per tutti, onde evitare valutazioni, discrezionali, da parte del Giudice.
Punto di partenza è il reddito lordo percepito dal debitore; da esso si sottraggono tutte le imposte pagate, le spese di produzione reddito e quanto occorre al debitore per consentire, a sé stesso ed alla propria famiglia, un tenore di vita dignitoso.
Per individuare quali siano le spese da destinare al mantenimento del nucleo familiare si fa riferimento ad una formula, anch’essa finalizzata ad evitare valutazioni discrezionali: si parte dall’assegno sociale, lo si aumenta della metà e lo si moltiplica per un parametro corrispondente al numero dei componenti del nucleo familiare della scala di equivalenza ISEE.
Quello che risulta è la somma, mensile, che il debitore può trattenere per le proprie necessità di vita.
Se, a seguito del calcolo, aritmetico, derivante dalla sottrazione tra reddito lordo percepito e la somma delle varianti sopra menzionate (imposte, spese prededuzione reddito, costi per la famiglia) nulla resta a favore del debitore, è da considerarsi, certamente, incapiente non restando utilità da destinare ai creditori.
Il ricorso deve essere corredato da una serie di documenti utili alla indicazione del reddito del ricorrente, e dei componenti del suo nucleo familiare, oltre all’elenco dei creditori e di tutti gli atti, di straordinaria amministrazione, posti in essere negli ultimi cinque anni; al ricorso dovrà allegarsi, altresì, una relazione particolareggiata dell’OCC, che dovrà indicare le cause dell’indebitamento e la diligenza tenuta dal debitore, nell’assunzione delle proprie obbligazioni, nonché le ragioni che hanno portato il soggetto ad essere sovraindebitato, ciò al fine di consentire, al Giudice, di valutare la condizione patrimoniale del ricorrente e la sua meritevolezza ad accedere alla procedura. 
Il Giudice, infatti, deve effettuare un’indagine sulla meritevolezza del debitore, traendo convincimento dalla relazione allegata e predisposta dall’OCC e, solo, una volta verificata l’assenza di atti in frode, dolo e colpa grave, nella formazione dell’indebitamento, potrà pronunciare l’esdebitazione, liberando il debitore da ogni pregressa obbligazione.
Qualora nei quattro anni successivi, pervengano, in capo al debitore esdebitato, utilità sufficienti a soddisfare almeno il 10% dei crediti, le stesse vengono destinate ai creditori in precedenza insoddisfatti; al fine di fotografare le sopravvenienze patrimoniali e reddituali rilevanti e, cioè, idonee a consentire il pagamento della percentuale sopra indicata, è previsto l’obbligo, in capo al debitore, di depositare, annualmente, una relazione illustrativa.
Trattasi di una procedura con connotazioni spiccatamente sociali, che mira a ricollocare, nell’economia reale, soggetti che, altrimenti, sarebbero destinati a restarne ai margini, senza, però, determinare alcun pregiudizio ai creditori, dal momento che questi non avrebbero, comunque, la possibilità di soddisfare il proprio credito causa l’incapienza del proprio debitore.