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Settori di Attività
SOVRAINDEBITAMENTO
Lo studio si avvale della approfondita conoscenza specifica della materia da parte dell’avv. Paolo Amisano, il quale ha pubblicato le seguenti monografie:
“Sovraindebitamento - La Nuova procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento. Legge n. 3 del 27.01.2012” Editore Fadia, aprile 2012,
“Sovraindebitamento del consumatore nella L. 3/2012 e nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: procedure a confronto” Editore La Tribuna, Giugno 2019,
“La riforma del sovraindebitamento L’esdebitazione del sovraindebitato incapiente” Editore La Tribuna, aprile 2021.
“L’esdebitazione del sovraindebitato incapiente” Editore Giuffrè, aprile 2023.
L’avv. Paolo Amisano assiste tutti i soggetti che hanno titolo per accedere alle procedure di sovraindebitamento.
Trattasi dei debitori civili, dei professionisti e delle associazioni professionali, delle fondazioni, delle imprese agricole, delle start up innovative, dei consumatori che, per il solo fatto di non poter accedere alle procedure concorsuali previste dalla legge fallimentare, non possono beneficiare degli effetti esdebitatori derivanti dalle procedure stesse.
Le procedure da sovraindebitamento in generale
Sono previste quattro, diverse, procedure, con peculiari caratteristiche che le differenziano tra loro, sia con riferimento alla finalità, che si prefiggono, sia ai soggetti che ne possono chiedere accesso.
Tratto, comune, è rappresentato dal fatto che vengono previste due fasi, una prima – stragiudiziale - ed una seconda, giudiziale.
La prima fase svolge una funzione prodromica, rispetto alla seconda, in quanto è finalizzata a predisporre sia tutta la documentazione da allegare al ricorso introduttivo del giudizio, con particolare riferimento alle relazioni / attestazioni, previste dalla legge, da redigersi, ad opera dell’OCC, sia il piano su cui si fonderà la futura procedura a cui il debitore chiede di essere ammesso.
La seconda fase (che ha inizio su iniziativa del solo debitore, tranne che nella procedura liquidatoria che può essere attivata anche dai creditori) è solo eventuale, in quanto verrà attivata, solamente, qualora il debitore decida di attivarsi, con ricorso da depositarsi nella cancelleria del Tribunale competente, onde ottenere l’accesso alla procedura scelta.
Tutte e quattro le procedure prevedono la presenza dell’Organismo di composizione della crisi, l’OCC, che ha funzioni poliedriche, che lo portano ad essere nella fase prodromica: a) organo di controllo, dovendo sia verificare la veridicità ed attendibilità della documentazione a lui sottoposta, sia indagare sulla condotta di vita del debitore, convogliando il risultato da tale attività nelle relazioni che la legge pone a suo carico, da allegarsi all’atto introduttivo del giudizio), b) consulente del debitore, in tutte quelle attività finalizzate alla scelta della procedura, più confacente, agli interessi del predetto e alla individuazione della documentazione da acquisire ed, eventualmente, qualora il debitore ne faccia espressa richiesta, anche di artefice della proposta e del piano o, comunque, di qualsiasi atto funzionale all’accesso alla procedura, c) attestatore sia della veridicità dei dati e dei documenti che stanno alla base della domanda , d) tramite per l’accesso alla procedura da effettuare attraverso il deposto telematico del ricorso introduttivo del giudizio.
Nella fase processuale l’OCC assume, inizialmente, il ruolo di “organo della procedura” in quanto, in veste di ausiliario del Giudice, è chiamato ad effettuare tutte le comunicazioni e tutti quegli altri adempimenti che la legge gli impone. Nella fase esecutiva invece, l’OCC può assumere la veste di “controllore” della corretta gestione della stessa, potendo, in alcuni casi, assumere quella di liquidatore.
Onde favorire l’accesso alle procedure da Sovraindebitato e per ragioni di economia processuale la legge prevede le cosiddette procedure familiari. È consentito ai membri della stessa famiglia di presentare un’unica domanda di accesso ad una delle procedure da sovraindebitato quando sono di origine comune.
La ristrutturazione dei debiti del consumatore ex artt. da 67 a 73 C.C.I.
La prima procedura è denominata “ristrutturazione dei debiti del consumatore”.
Si può considerare un “concordato coattivo” in quanto vede i creditori privati del diritto di voto, con attribuzione al Giudice di ogni potere.
La legge determina rigidi criteri per consentire l’accesso a tale procedura.
Essa è riservata al consumatore (da intendersi come la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale commerciale artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socio di società di persone) sovraindebitato (e, cioè, chi si trova in stato di insolvenza, da intendersi come uno stato del debitore che rende probabile l’insolvenza) con riferimento al quale devono sussistere specifiche condizioni di ammissibilità.
Non deve aver determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode, non deve aver beneficiato dell’esdebitazione nei cinque anni precedenti e comunque della presentazione della domanda ovvero due volte nella vita.
Il debitore deve depositare un ricorso nel Tribunale del luogo del suo domicilio corredato di una serie di documenti, e precisamente l’elenco di tutti i creditori con specifiche indicazioni delle somme dovute e delle eventuali cause di prelazione la consistenza del suo patrimonio, le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni l’indicazione degli stipendi, delle pensioni e di ogni alto reddito dei componenti della propria famiglia e, infine, una specifica indicazione di quanto gli occorra per il mantenimento di se stesso e della sua famiglia.
Deve depositare, infine, un’autocertificazione attestante quali atti eccedenti l’ordinaria amministrazione abbia posto in essere negli ultimi cinque anni al fine di evidenziare se vi stiano stati atti idonei a ledere i diritti decreto.
La predetta documentazione ha il fine di presentare al giudice un quadro completo dell’aspetto patrimoniale e reddituale del debitore.
In aggiunta tali documenti deve essere allegata una relazione redatta dall’O CC che va a fotografare la condotta del debitore da un punto di vista meritocratico. Infatti il gestore deve indicare le cause dell’indebitamento e la diligenza impiegata dal debitore per assumere le obbligazioni, l’esposizioni delle ragioni che lo hanno portato a non più adempierle, una valutazione sulla completezza ed attendibilità della documentazione allegata al ricorso ed infine una previsione sui costi della procedura. La documentazione allegata e la relazione del gestore si completano a vicenda e consentono al giudice di comprendere quale sia la personalità del debitore e verificare se non abbia posto in essere quelle condotte fraudolente in malafede o affette da colpa grave ostativa all’apertura della procedura.
Al ricorso deve essere allegato un piano che può essere variamente articolato, in parte liquidatorio ed in parte ristrutturatorio che sorregge la proposta effettuata ai creditori idonea a ristrutturare l’indebitamento e che può prevedere, a scelta del debitore un pagamento parziale anche dilazionato.
Il Tribunale se ritiene di ammettere il debitore alla procedura, emette un decreto da comunicarsi ai creditori, ad opera dell’OCC i quali possono presentare a quest’ultimo le proprie osservazioni nei 20 giorni successivi.
Tali osservazioni non sono vincolanti per il Giudice ma idonee ad influire sulla valutazione che verrà data al piano.
Qualora l’OCC, ricevute le osservazioni, verifichi che appare necessario apportare modifiche al piano, potrà intervenire in tal senso. Dovrà convocare il debitore ed all’esito dell’incontro potrà modificare il piano iniziale ed inviare al Giudice, per l’omologa, non più il piano inizialmente depositato nella fase di apertura della procedura, ma il nuovo piano modificato a seguito delle osservazioni dei creditori.
Una volta sottoposto il piano al giudice, il predetto, per l’omologa, non sarà vincolato dalle osservazioni effettuate dai creditori e potrà liberamente valutarle.
Il giudice dovrà, preliminarmente, effettuare una valutazione sulla ammissibilità e fattibilità del piano (da intendersi come idoneità dello stesso a raggiungere il fine di soddisfare in modo apprezzabile i creditori, od almeno alcune classi degli stessi, nel rispetto di norme imperative) e, successivamente, deciderà se omologarlo ovvero respingere la domanda.
Qualora uno dei creditori, o qualunque altro interessato, con le osservazioni contesti la convenienza della proposta (per chi ha effettuato le contestazioni), il giudice potrà, ugualmente, omologarlo qualora ritenga che il credito dell’oppositore possa essere soddisfatto, dall’esecuzione del piano, in misura non inferiore a quella che otterrebbe a seguito di una liquidazione controllata del sovraindebitato.
Il giudice provvede con sentenza, comunicata ai creditori, impugnabile avanti alla Corte d’Appello.
L’esecuzione del piano è affidata al debitore e l’OCC ha il compito di vigilare e collaborare con lo stesso per porre in essere tutti gli atti funzionali all’esecuzione stessa quali, ad esempio, le vendite competitive che sono il mezzo previsto dalla legge per consentire la miglior liquidazione dei beni assoggettati al piano.
Vi è da rilevare che la legge agevola il consumatore consentendo la conservazione della casa familiare.
Si prevede, infatti, la possibilità per il consumatore, che sia proprietario di un immobile gravato da mutuo ed in regola con il pagamento delle rate di ammortamento, di segregare la casa familiare non ricomprendendola nell’attivo da liquidare ma mantenendone la piena proprietà.
In tal caso il piano dovrà prevedere il regolare pagamento delle future rate di ammortamento del mutuo ipotecario sino alla naturale scadenza (ovvero se in ritardo nei pagamenti, autorizzato dal giudice, l’obbligo di mettersi in regola effettuando il pagamento delle rate scadute) e ristrutturare il residuo indebitamento, con gli altri creditori, utilizzando risorse diverse dalla liquidazione della casa familiare.
Al fine di salvaguardare la casa familiare, tuttavia, è necessario che vi sia equivalenza tra valore del bene immobile e somme dovute alla banca mutuante.
Qualora l’immobile abbia un valore significativamente maggiore rispetto al residuo debito nei confronti della banca mutuante, tale segregazione non potrà esserci in quanto, se così fosse, i creditori non potrebbero soddisfarsi sul differenziale tra valore del bene e residuo debito per cui esso dovrà essere acquisito alla procedura ed alienato.
Qualora l’immobile abbia un valore inferiore al debito residuo, anche in tal caso tale segregazione non potrebbe avvenire in quanto si andrebbe a avvantaggiare, pagandolo integralmente, un creditore che a seguito della liquidazione del bene potrebbe ottenere, unicamente, un pagamento parziale venendo derubricato al chirografo per la parte non soddisfatta.
All’interno della fase esecutiva l’OCC ha il compito di risolvere tutte le difficoltà che potrebbero sorgere; qualora non ci riuscisse dovrà effettuare una segnalazione al giudice a cui è demandato il potere di dirimerle.
Una volta eseguito il piano, la procedura si chiude e il debitore viene di fatto esdebitato per la parte dei debiti non soddisfatti.
È data la facoltà al Giudice di revocare la sentenza di omologazione qualora, su istanza di un creditore, dell’OCC o del PM o di qualsiasi interessato, emergano condotte disdicevoli quali l’aver con dolo o colpa aumentato o diminuito il passivo ovvero effettuati atti di distrazione o dissimulazione.
Dopo la revoca dell’omologazione è data la facoltà al debitore ed ai creditori di chiedere l’apertura della procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato.
Il concordato minore ed artt. da 74 ad 83 C.C.I.
La seconda procedura è il “concordato minore” che sostituisce la procedura “di accordo” disciplinata dalla L. 3/2012, modificandola in ogni sua parte.
Il concordato minore mira a ristrutturare l’indebitamento del debitore attraverso una proposta indirizzata ai creditori, fondata su un piano, che può, variamente, articolarsi, anche attraverso una suddivisione in classi (all’interno delle quali devono essere collocati soggetti portatori di interessi o posizioni giuridiche convergenti).
La legge determina rigidi criteri per accedere a tale procedura.
Legittimati ad accedere alla procedura sopra descritta sono tutti i debitori sovraindebitati sia persone fisiche, sia professionisti, sia imprenditori agricoli od imprenditori minori, tanto in forma individuale, quanto in forma collettiva, che non siano assoggettabili a liquidazione giudiziale, ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per l’ipotesi di crisi o di insolvenza.
Unica eccezione, per espresso disposto normatico, è il consumatore, essendogli riservata la procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore.
Sono previste condizioni di ammissibilità che impediscono al debitore di accedere alla procedura, legate alla sua meritevolezza, espressamente indicate dalla legge e, cioè, essere stato esdebitato nei 5 anni anteriori al deposito della domanda, ovvero essere già stato esdebitato per due volte nella vita od avere, semplicemente, posto in essere atti diretti a frodare i creditori (quali, ad esempio, atti revocabili o atti simulati).
A differenza della procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, non vengono presi in considerazione, quali fatti ostativi, condotte affette da malafede o colpa grave.
Si accede a tale procedura depositando ricorso avanti al Tribunale del luogo ove è collocato il centro di interessi principale del debitore che si presume essere la sede dell’impresa ovvero la residenza / domicilio della persona fisica.
Al ricorso devono essere allegati, oltre al piano:
- I bilanci e le scritture contabili e fiscali obbligatorie e le dichiarazioni dei redditi IRAP e IVA
- Una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale economico – finanziaria
- L’elenco dei creditori con indicazione delle cause di prelazione
- L’indicazione degli atti di straordinaria amministrazione posti in essere nei 5 anni precedenti
- Una dichiarazione attestante i redditi (stipendi, pensioni, salari ed altre entrate) del debitore e dei componenti della famiglia.
Deve essere allegata infine una relazione particolareggiata dell’OCC nella quale devono essere evidenziate le cause dell’indebitamento e la diligenza del debito nell’assumere le obbligazioni, le ragioni che lo hanno portato a non adempierle, l’indicazione di eventuali atti di frode ovvero di atti impugnati dai creditori nonché un giudizio sulla fattibilità del piano e sulla convenienza rispetto alle prospettive liquidatorie nell’ambito della liquidazione controllata.
Dal punto di vista sostanziale il concordato minore consiste in una proposta, rivolta ai creditori, eventualmente suddivisi per classi, che si fonda su un piano che può essere in continuità aziendale / professionale ovvero liquidatorio.
La proposta deve indicare il trattamento riservato ai creditori, i tempi e le modalità di pagamento.
Il concordato minore può assumere due forme diverse in continuità diretta od indiretta (intendendosi per diretta la gestione dell’attività d’impresa effettuata dal debitore stesso e per indiretta attraverso l’affitto d’azienda) ovvero liquidatorio.
È data al debitore persona fisica la possibilità di secretare la propria abitazione principale non considerandola, di conseguenza, come attivo concordatario, qualora essa sia gravata da ipoteca a garanzia di mutuo fondiario a condizione che il debitore sia in regola con il pagamento delle rate di ammortamento ovvero venga autorizzato dal Giudice a rimborsare le rate insolute in un’unica soluzione, riprendendo poi il pagamento regolare del piano di ammortamento.
È data poi al debitore professionista o imprenditore di evitare l’apprensione dei beni strumentali funzionali all’esercizio della propria attività, se in regola con le rate di mutuo, ma solo se sul bene gravano garanzie reali.
In entrambi i casi l’OCC deve attestare che il creditore garantito avrebbe ottenuto l’integrale soddisfazione del proprio credito, nell’ambito della liquidazione controllata.
È data al debitore la possibilità di strutturare il concordato secondo due schemi diversi.
Il primo in continuità aziendale che può essere diretta (attività d’impresa svolta direttamente dal debitore) ovvero indiretta (per il tramite della stipula di un contratto di affitto d’azienda) ovvero liquidatorio.
Nel caso in cui la proposta concordataria assuma forma liquidatoria la legge prevede, espressamente, che la proposta debba prevedere l’apporto di risorse esterne che incrementino in misura apprezzabile l’attivo disponibile, al momento della presentazione della domanda.
In presenza, invece, di concordato in continuità, tale apporto non è richiesto.
Il Tribunale, quando è chiamato a pronunciarsi sul ricorso e sulla proposta concordataria in esso contenuta, deve effettuare, preliminarmente, un giudizio di ammissibilità in ordine alla sussistenza dei presupposti di legge e alla assenza delle condizioni personali di inammissibilità ed una volta entrato nel merito potrà concedere un termine non superiore a 15 giorni per apportare integrazione al piano e produrre nuova documentazione.
Qualora il Tribunale adito effettui una valutazione favorevole della proposta emetterà decreto di ammissione, disponendo che l’OCC debba provvedere alla notifica del ricorso e del decreto con allegata la proposta ai creditori che sono chiamati ad esprimere le loro valutazioni attraverso l’esercizio del diritto di voto.
I creditori hanno un termine di trenta giorni, dalla ricezione della comunicazione del decreto del Tribunale con cui il debitore viene ammesso alla procedura, per esprimere il loro assenso/dissenso e per effettuare eventuali contestazioni in forma scritta. Vale tuttavia il principio del “silenzio-assenso”, per cui, a differenza del concordato preventivo, ogni voto, non espresso, viene ritenuto come voto favorevole.
Qualora la proposta ottenga voti favorevoli, da parte dei creditori, che rappresentano la maggioranza di quelli ammessi al voto, si passa alla fase di omologa, nella quale il Tribunale, verificata sia la fattibilità del piano, sia il raggiungimento del quorum deliberativo previsto dalla legge, in assenza di contestazioni provvede ad emettere decreto di omologa.
Qualora vengano effettuate contestazioni, da parte dei creditori, o di qualunque terzo interessato, in merito alla convenienza della proposta, il Giudice ha la facoltà di omologare ugualmente il concordato minore “se ritiene che il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria”.
Particolare rilevanza assume la possibilità di neutralizzare l’immobilismo della amministrazione finanziaria che, spesso, con la propria inerzia, impedisce l’omologa del piano concordatario, valutato favorevolmente dai creditori, e tale da rappresentare un indubbio vantaggio rispetto ad una prospettiva liquidatoria. L’art. 80, comma 3, C.C.I., in modo del tutto innovativo, prevede che il Giudice possa omologare il concordato minore, anche in mancanza di adesione dell’amministrazione finanziaria, quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale prevista dalla legge per la sua approvazione, che è pari alla maggioranza dei creditori ammessi al voto.
A tal fine è necessario che risulti, da una specifica relazione, redatta dall’OCC, che la proposta di soddisfacimento effettuata a favore della amministrazione finanziaria è più conveniente rispetto “alla alternativa liquidatoria” e, cioè a quanto sarebbe di sua spettanza qualora, non approvato il concordato minore, il debitore dovesse accedere alla procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato.
Omologato il piano, inizia la fase esecutiva che, di regola, è affidata al debitore sotto la vigilanza dell’OCC al quale viene attribuito il compito di risolvere le difficoltà insorte, con possibilità di rivolgersi al Giudice ogniqualvolta lo ritenga necessario, anche in funzione dell’apertura di una procedura di revoca del concordato.
È possibile prevedere, per ragioni di opportunità, anche se non previsto dalla legge, che il debitore possa, nel piano, prevedere la nomina di un liquidatore; in tal caso la scelta dovrebbe ricadere sull’OCC.
Una volta conclusa la fase esecutiva, spetta all’OCC il compito di predisporre il rendiconto da sottoporre all’approvazione del Giudice.
Il Giudice può revocare l’omologa su istanza di un creditore, dell’OCC, del PM e di qualsiasi altro soggetto interessato sua qualora siano emerse condotte illecite del debitore quali l’aver aumentato o diminuito il passivo con dolo o colpa grave, dissimulare parte dell’attivo ovvero simulare attività inesistenti e comunque qualora emergessero attività in frode ai creditori, sia qualora il piano non sia stato integralmente eseguito.
La liquidazione controllata del sovraindebitato ex artt. 268 ss. C.C.I.
Trattasi di una procedura liquidatoria per alcuni aspetti molto simile alla liquidazione giudiziale.
Essa può essere aperta su iniziativa del debitore avanti al Tribunale del luogo di residenza o domicilio, qualora sia persona fisica, ovvero del luogo ove è svolta l’attività d’impresa, qualora sia imprenditore individuale o societario.
A tal fine, deve depositare, anche personalmente, senza assistenza di un difensore, un ricorso con allegata una relazione dell’OCC che esponga una valutazione sia sulla completezza ed attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda illustrando la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore sia le cause dell’indebitamento sia la diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le proprie obbligazioni; nella predetta relazione, l’OCC deve attestare, altresì, che sia possibile acquisire attività da distribuire ai creditori.
Può essere aperta, anche, su iniziativa dei creditori, ma in tale ipotesi, è necessario che risultino, dall’istruttoria, debiti scaduti e non pagati superiori ad € 50.000,00 e sempre che non sia ancora decorso un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese.
La legge, infatti, mentre non subordina a scadenze temporali la richiesta di accesso alla procedura effettuata dal debitore, ne limita, invece, l’esperibilità, qualora sia presentata dai creditori, decorso un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese.
La liquidazione porta all’acquisizione di tutto il patrimonio del debitore, con la sola eccezione dei crediti impignorabili, di quelli aventi carattere alimentare e di mantenimento, degli stipendi e pensioni (nei limiti - indicati dal Giudice - di quanto occorre per il mantenimento del debitore e della sua famiglia), i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e quelli non pignorabili ex lege.
La procedura viene aperta con sentenza del Tribunale, in composizione collegiale con la quale viene nominato il Giudice Delegato ed il liquidatore (nella persona dell’OCC che ha assistito il debitore nella fase prodromica a meno che non debba essere sostituito per giustificati motivi e scelto, comunque, tra i gestori della crisi , avente domicilio nel distretto nella Corte di Appello di cui è collocato il Tribunale competente), viene assegnato, ai creditori, un termine, non superiore a novanta giorni, entro il quale essi, a pena di inammissibilità, devono depositare le loro domande di ammissione al passivo, ovvero le domande di rivendica o restituzione, e viene ordinato altresì al debitore di depositare l’elenco dei creditori e le scritture contabili e l’invito a rilasciare tutti i beni facenti parte del patrimonio liquidabile.
Il liquidatore è chiamato ad effettuare la verifica dei crediti, predisponendo un progetto di stato passivo, da depositare nel fascicolo telematico e da comunicare ai creditori, i quali possono presentare, entro il termine di 15 giorni, osservazioni indicando le somme che intendono insinuare al passivo e gli eventuali titoli di prelazione ed allegando tutte le pezze giustificative del credito.
Nelle osservazioni potranno altresì effettuare tutte le contestazioni in merito anche ai crediti insinuati ed ammessi da parte di altri creditori andando, in tal modo, a proporre una modifica dello stato passivo.
Il liquidatore, ricevute le eventuali osservazioni, forma lo stato passivo definitivo che deposita nel fascicolo informatico e lo comunica ai creditori, i quali possono proporre, entro il termine di 8 giorni dalla comunicazione, opposizione (nei confronti della decisione che riguarda il loro credito) ed impugnazioni (con riferimento alla decisione che riguarda il credito ammesso per altri creditori) al Giudice Delegato, che decide con decreto, ricorribile in Cassazione nel termine di 30 giorni dalla comunicazione.
È prevista la possibilità di presentare domande tardive di credito fino a quando non sono esaurite le ripartizioni dell’attivo ma a condizione che il creditore fornisca la prova che il ritardo non è dipeso da causa da lui imputabile e che, comunque, tale istanza venga proposta entro sessanta giorni da quando è cessata la causa che ne ha impedito la presentazione.
L’apertura della procedura, priva il debitore dell’amministrazione del suo patrimonio che passa al liquidatore; è consentito al predetto di stare in giudizio nelle controversie in corso relative a rapporti patrimoniali compresi nella liquidazione, sia di attivarsi, sempre previa autorizzazione del Giudice, mediante azioni revocatorie e risarcitorie, al fine di acquisire alla procedura beni e crediti.
Il liquidatore deve provvedere alla redazione dell’inventario dei beni del debitore e redigere un progetto di liquidazione che indichi i tempi e le modalità della procedura; esso deve essere depositato in Cancelleria ed approvato dal Giudice.
Ogni sei mesi il liquidatore deve presentare una relazione semestrale, nella quale indica l’attività svolta.
Nella fase esecutiva – liquidatoria, si applicano, per quanto compatibili, le norme sulla vendita previste per la liquidazione giudiziale, prima tra tutte, quella relativa alle vendite competitive.
Al termine della predetta fase, una volta liquidato il patrimonio ed acquisiti tutti i redditi messi a disposizione dal debitore, il liquidatore deve depositare un rendiconto, indicando la conformità degli atti posti in essere con il programma di liquidazione.
Il controllo e la direzione della procedura resta, comunque sempre affidato al Giudice, il quale ha il compito di approvare, oltre al programma di liquidazione, anche il rendiconto redatto dal liquidatore (indicando gli atti necessari al compimento della liquidazione, ovvero le rettifiche od integrazioni che debbono essere effettuate qualora non intenda approvarlo), sia i progetti di riparto che dovranno essere comunicati, a cura del liquidatore che li ha predisposti, al debitore ed ai creditori, per le loro eventuali osservazioni e, successivamente, al Giudice.
La procedura si chiude con un decreto motivato con il quale viene autorizzato il liquidatore ad incassare il compenso a suo tempo liquidato a suo favore.
Particolare importanza riveste l’esdebitazione che consiste nel rendere non più aggredibile il debitore da parte dei creditori per i crediti concorsuali non soddisfatti.
L’esdebitazione è l’obiettivo che il debitore intende perseguire e che lo ha fatto optare per tale procedura che, privandolo del suo patrimonio, lo mette nelle condizioni nel futuro di tornare in bonis.
Essa può essere chiesta dal debitore persona fisica od anche dall’imprenditore collettivo, a fine procedura, od anche decorsi 3 anni dalla apertura della predetta (anche se la fase liquidatoria non è ancora terminata), oltre che dallo stesso liquidatore.
Quest’ultimo, in presenza di istanza effettuata dal debitore, è chiamato a segnalare al Giudice tutti i fatti rilevanti, al fine di determinarne la concessione, ovvero il rifiuto.
Le condizioni personali per la concessione di tale beneficio sono quelle stesse che regolano l’esdebitazione di chi è stato assoggettato alla liquidazione giudiziale richiamate espressamente dall’art. 280 C.C.I. e precisamente:
- non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, o altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salvo che per essi sia intervenuta la riabilitazione. Se è in corso il procedimento penale per uno di tali reati o v’è stata applicazione di una delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159, il Tribunale rinvia la decisione sino all’esito del relativo procedimento;
- non abbia distratto l’attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito;
- non abbia, ostacolato o rallentato lo svolgimento della procedura e abbia fornito agli organi ad essa preposti tutte le informazioni utili e i documenti necessari per il suo buon andamento;
- non abbia beneficato di altra esdebitazione nei cinque anni precedenti la scadenza del termine per l’esdebitazione;
- non abbia già beneficiato dell’esdebitazione per due volte.
- non abbia contratto debiti con frode, dolo o colpa grave, andando in tale modo a prevedere un richiamo a quel concetto di meritevolezza proprio della procedura riservata al consumatore che è condizione, speciale, di inammissibilità al suo accesso, prevista dalla legge;
a cui si deve aggiungere una fattispecie di reato prevista nelle procedure da sovraindebitamento:
- non sia stato condannato per i reati indicati nell’art. 344 CCI che riguardano condotte illecite poste in essere dal debitore in funzione dell’accesso a tutte le procedure di composizione della crisi, quali la produzione di documentazione contraffatti o l’aver alterato ovvero sottratto, occultato o distrutto totalmente o parzialmente documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria situazione contabile.
La predetta norma sanziona anche altre condotte illecite del debitore quali l’aver effettuato pagamenti in violazione al piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore o del piano del consumatore omologato, ovvero intenzionalmente non aver rispettato i contenuti dei predetti piani, ovvero dopo il deposito, aver aggravato la sua situazione debitoria.
Dal punto di vista processuale, la richiesta di esdebitazione deve essere comunicata ai creditori ammessi al passivo, i quali possono presentare osservazioni nel termine di 15 giorni dalla comunicazione.
Il Tribunale provvede con decreto comunicato agli organi della procedura, al Pubblico Ministero, al debitore ed ai creditori ammessi al passivo, non integralmente soddisfatti, che possono proporre reclamo alla Corte d’Appello entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione.
L’esdebitazione viene collegata unicamente alla “meritevolezza” del debitore, essendo del tutto irrilevante l’aspetto economico finanziario, per cui può essere concessa anche in presenza di riparti irrisori, se non anche assenti, a favore dei creditori.
L’esdebitazione del sovraindebitato incapiente ex art. 283 C.C.I.
Ha come destinatari solo quei debitori, persone fisiche, meritevoli, che non siano in grado di proporre ai creditori alcuna utilità, neppure in prospettiva futura e, di conseguenza, non siano in grado di attivare le altre procedure da sovraindebitamento previste dalla legge.
Al debitore persona fisica “incapiente” – e ciò per una volta sola nella vita - viene concesso, con l’ausilio e per il tramite dell’OCC, di presentare un ricorso al Tribunale del luogo di sua residenza o domicilio (in composizione monocratica), rappresentando la propria, personale, condizione di soggetto sovraindebitato, non in grado di versare, ai propri creditori, alcuna utilità che consenta un loro soddisfacimento (vuoi perché privo di beni valorizzabili concretamente ovvero percettore di un reddito appena sufficiente per consentire a se stesso ed alla propria famiglia un tenore di vita decoroso) e chiedere la propria esdebitazione.
È dunque incapiente non il solo disoccupato privo di beni liquidabili ma è anche chi è percettore di reddito personale, contenuto in limiti tali da considerarsi, solamente, funzionale alle proprie necessità di vita.
Per l’individuazione dell’incapienza reddituale, ai fini della procedura in esame, la legge prevede un meccanismo di calcolo complesso, che tiene conto di alcuni fattori standard, uniformi per tutti, onde evitare valutazioni, discrezionali, da parte del Giudice.
Punto di partenza è il reddito lordo percepito dal debitore; da esso si sottraggono tutte le imposte pagate, le spese di produzione reddito e quanto occorre al debitore per consentire, a sé stesso ed alla propria famiglia, un tenore di vita dignitoso.
Per individuare quali siano le spese da destinare al mantenimento del nucleo familiare si fa riferimento ad una formula, anch’essa finalizzata ad evitare valutazioni discrezionali: si parte dall’assegno sociale, lo si aumenta della metà e lo si moltiplica per un parametro corrispondente al numero dei componenti del nucleo familiare della scala di equivalenza ISEE di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 05.12.2013 n. 159.
Quello che risulta è la somma, mensile, che il debitore può trattenere per le proprie necessità di vita.
Se, a seguito del calcolo, aritmetico, derivante dalla sottrazione tra reddito lordo percepito e la somma delle varianti sopra menzionate (imposte, spese prededuzione reddito, costi per la famiglia) nulla resta a favore del debitore, è da considerarsi, certamente, incapiente non restando utilità da destinare ai creditori.
La legge prende in considerazione il fatto che successivamente al decreto esdebitatorio il debitore possa ottenere utilità da intendersi come beni e redditi tali da fargli superare la soglia dell’incapienza e idonei a determinare la possibilità per i creditori di soddisfare, seppure parzialmente, i loro crediti.
A tal fine stabilisce un periodo di monitoraggio di tre anni all’interno del quale il debitore deve segnalare ogni elemento utile per individuare tali maggiori beni o redditi all’OCC; tale segnalazione deve essere effettuata all’interno di una dichiarazione da redigersi annualmente.
Nel caso in cui pervengano tali utilità l’OCC dovrà informare il giudice onde essere autorizzato a comunicare, ai creditori, l’esistenza di tali nuovi beni o redditi di modo che gli stessi possano iniziare eventuali azioni esecutive o cautelari nei confronti dei predetti.
Ciò sta a significare che l’incapiente, anche se perde lo status che gli ha consentito di accedere alla procedura ed essere esdebitato, mantiene la non aggredibilità dei redditi percepiti al momento in cui ha presentato la domanda e può subire azioni esecutive solo sulla maggior somma percepita.
Perderà, invece, i nuovi beni sopravvenuti.
La domanda di esdebitazione è presentata dal debitore con ricorso davanti al Tribunale del luogo di sua residenza o domicilio e alla stessa deve essere allegata la seguente documentazione:
- l’elenco di tutti i creditori con l’indicazione delle somme dovute e di relativi indirizzi di posta elettronica certificata, se disponibili, ovvero l’indirizzi di posta elettronica non certificata ovvero ancora, in mancanza dell’indicazione del luogo di residenza
- l’elenco degli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni
- copia delle delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni
- l’indicazione degli stipendi delle pensioni dei salari e di tutte le altre entrate del debitore e Del suo nucleo familiare
Oltre a tale documenti deve essere legata una relazione particolareggiata del OCC nella quale devono essere indicate le cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni, le ragioni per cui il debitore non è stato più in grado di adempierle, l’indicazione di eventuali atti, del debitore, impugnati del creditori (si fa riferimento ad esempio ad azioni revocatoria o di simulazione), la valutazione sulla completezza ed attendibilità della documentazione allegata.
Il Giudice, infatti, deve effettuare un’indagine sulla meritevolezza del debitore, traendo convincimento dalla relazione allegata e predisposta dall’OCC e, solo, una volta verificata l’assenza di atti in frode, dolo o colpa grave, nella formazione dell’indebitamento, potrà pronunciare l’esdebitazione, liberando il debitore da ogni pregressa obbligazione.
Il giudice, esaminata la documentazione allegata, se ritiene sussisterne i presupposti, pronuncia, con decreto, la esdebitazione del debitore.
Nello stesso decreto indica al debitore i tempi e le modalità che deve seguire per depositare una dichiarazione annuale attestante le eventuali nuove utilità sopravvenute.
È posto in capo infatti al debitore l’obbligo di segnalare tempestivamente all’OCC eventuali nuovi redditi ovvero nuovi beni pervenutigli al fine di verificare sessi siano tali da fargli superare la soglia dell’in capienza.
Tale segnalazione deve deve essere contenuta all’interno della predetta relazione annuale che se non depositata, qualora risulti omessa la comunicazione di redditi o beni eccedenti la sfera dell’capienza, determina la revoca dell’esibizione.
Una volta decorso il triennio successivo al decreto esdebitatorio viene meno, per il debitore, l’obbligo di segnalare le maggiori utilità percepite e, di conseguenza, il suo nuovo patrimonio ed i suoi nuovi redditi non potranno essere oggetto di esecuzione da parte dei creditori e, di conseguenza, la sua esdebitazione diventerà definitiva.
Avverso il decreto che pronuncia l’esdebitazione dell’incapiente i creditori possono proporre opposizione ,allo stesso giudice che lo ha emesso, nel termine di 30 giorni dalla comunicazione.
Il giudice,instaurato il contraddittorio tra le parti ,(creditore e debitore) decide se confermarlo o revocarlo. Il decreto, emesso a seguito di tale giudizio ,è reclamabile avanti la Corte d’appello nei 30 giorni dalla comunicazione.
Trattasi di una procedura con connotazioni spiccatamente sociali, che mira a ricollocare, nell’economia reale, soggetti che, altrimenti, sarebbero destinati a restarne ai margini, senza, però, determinare alcun pregiudizio ai creditori, dal momento che questi non avrebbero, comunque, la possibilità di soddisfare il proprio credito causa l’incapienza del proprio debitore.